martedì 13 dicembre 2016

Ha ancora senso aspettarsi una pensione in Italia?

Per chi è nato dagli anni ‘60 in poi il sogno della meritata pensione riuscirà un giorno ad avverarsi o resterà, appunto, un sogno fino all’ultimo?
Le scuole di pensiero contrapposte sono sostanzialmente due, da una parte molti dei connazionali più giovani che ritengono che non arriveranno mai a percepire una qualsiasi forma di assegno pensionistico, dall’altra parte una consistente quota di persone che ritiene che in qualche modo i soldi per le pensioni usciranno perché i contributi sono stati versati. Com’è del resto ovvio ambedue gli schieramenti basano il loro ragionamento su alcuni punti condivisibili.

Pensione. Chi deve preoccuparsi di più?
Non tutti gli aspiranti pensionati devono nutrire il medesimo timore sul proprio futuro pensionistico. Potremmo in effetti suddividere i fattori di rischio in tre fasce. La prima fascia sono i nati fino a circa il 1980, la cui pensione è a fortissimo rischio perché i nati dal 1960 al 1980 sono molto numerosi e si affacceranno all’età della pensione in modo massiccio.


La seconda fascia è costituita dai nati nel periodo incluso tra i primi anni ’80 ed il nuovo millennio. La loro pensione resta a rischio ma lo resta soprattutto in funzione delle soluzioni che verranno adottate per superare lo scoglio della fascia precedente, se il Paese riuscirà a superare bene la fase precedente questa generazione potrà cominciare a vedere la ormai celebre luce in fondo al tunnel.
La terza fascia, i nati nel XXI secolo, sono quelli che stanno messi certamente meglio, della generazione dei nati fino al 1980 saranno restati ancora in pochissimi a percepire una pensione quando i millenials saranno, a loro volta, pronti per la pensione e questo dovrebbe liberare molte risorse per garantir loro un assegno dignitoso.

Perché ci si deve preoccupare tanto
Confrontiamo due serie di numeri, da un lato i nati negli anni dal 49 ad oggi e dall’altro il numero dei pensionati post-Fornero. Le due serie di numeri hanno un legame strettissimo in quanto, a regime, le norme pensionistiche porteranno in pensione un numero simile a quello dei nati 67 anni prima ed ancora viventi.
E’ opportuno ricordare che oggi si matura il diritto alla pensione di vecchiaia, per i dipendenti, al compimento dei 65 anni e 7 mesi di età, requisito che salirà a 66 anni e 7 mesi dal 1° gennaio 2018 mentre il diritto alla pensione anticipata, già nota come pensione di anzianità, si matura al compimento di 42 anni e 10 mesi di servizio. Entrambi i requisiti saranno, dal 2019, soggetti ad eventuale revisione in base all’andamento dell’aspettativa di vita.
E’ da sottolineare come l’avvicinamento tra il numero dei pensionati ed il numero dei nati 67 anni prima ed ancora viventi si raggiungerà solo quando le norme pensionistiche andranno a regime, a quel punto infatti il numero di persone che riuscirà ad ottenere un pensionamento anticipato in un certo anno sarà simile a quello dei nati 67 anni prima che hanno già maturato il diritto a pensione anticipata negli anni precedenti. Un esempio chiarirà il punto. Nel 2031 andranno in pensione di vecchiaia, con i requisiti attuali, i nati nel 1964 ancora viventi, ipotizziamo circa un milione di persone, meno i nati nel ’64 che hanno già raggiunto la pensione anticipata più i nati in anni successivi al 1964 che raggiungono la pensione anticipata nel 2031. A regime il risultato finale sarà simile al numero dei nati nel 1964 ancora viventi nel 2031, circa un milione di persone.
Il problema deriva dalla numerosità delle classi di età che saranno interessate al pensionamento nei prossimi anni, oggi i residenti con età compresa tra i 40 ed i 56 anni sono quasi un milione per ogni anno di nascita, si va infatti dagli 883mila 40enni a al milione e passa dei 52enni (un milione e settemila circa) per poi scendere leggermente fino agli 866mila dei 56enni. In particolare in tre anni si è al di sotto dei 900mila ed in un anno, il 1964, si è al di sopra del milione.

E' affrontabile un milione di nuovi pensionati all’anno? E oltre un milione?
A regime quindi il numero dei nuovi pensionati arriverà circa su queste cifre, circa 950mila nuovi pensionati annui. Un numero a dir poco esorbitante soprattutto se lo confrontiamo con il numero di nuovi pensionati negli ultimi anni , 626mila nel 2012, 559mila nel 2013 e 541mila nel 2014.
Ma questa marea umana è affrontabile dal nostro Paese solo se si arriva a quel punto con i conti pubblici in eccellente forma, cosa che mi pare al momento piuttosto lontana dall’essere. Se infatti i conti pubblici evidenziassero un avanzo finale, cioè una differenza positiva tra il totale delle entrate ed il totale delle spese, si potrebbe pensare di ridurlo per affrontare un aumento temporaneo, ma di durata comunque pluriennale, dei costi previdenziali ma con un bilancio in disavanzo questa strada non sembra percorribile.
A ciò va aggiunto che al momento dell’arrivo a regime potrebbe verificarsi un effetto “tappo di spumante” ovvero un accesso a pensione di un numero superiore al numero dei nati 67 anni prima a causa del contestuale ritardo imposto sia per le pensioni anticipate che di vecchiaia. Il basso numero di nuovi pensionati attuale è infatti frutto del ritardo imposto dalla Fornero a tutti ma la maturazione di una delle due forme di accesso non sconterà chi è già potuto andare in pensione prima se non per piccoli numeri e si supererà quindi la soglia del milione di nuovi pensionati ogni anno per alcuni anni.
Anche questi numeri sarebbero però comunque gestibili se l’Italia riuscisse a fare quel che avrebbe dovuto fare negli ultimi vent’anni.
Se riuscisse a far ripartire la propria economia con una crescita sensibile del Pil, se riuscisse a creare occupazione in maniera sostanziosa, se riuscisse a recuperare buona parte dell’evasione fiscale, se riuscisse a tagliare la spesa pubblica improduttiva.
E quindi direi….

Pensione? Meglio lavorare per ritirarsi dal lavoro
C’è una grossa differenza tra il pensionamento ed il ritiro dal lavoro. Con il pensionamento si smette di percepire lo stipendio e si comincia a percepire la pensione, col ritiro dal lavoro si smette di percepire lo stipendio, si vive per un periodo più o meno lungo dei propri risparmi e poi, in alcuni casi eventualmente, si comincia a percepire una pensione.
A scopo precauzionale i nati dopo il 1960 dovrebbero smettere di lavorare attendendo la pensione e cominciare a lavorare pensando al ritiro dal lavoro, con tutto ciò che un cambiamento di prospettiva simile implica.


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