Pochi ricordano che una delle geniali astuzie per defraudare i lavoratori di ampie parti della propria pensione è nascosta nel singolarissimo sistema con cui vengono rivalutati i contributi versati anno dopo anno dai lavoratori.
Con il meccanismo inventato dalla Riforma Dini i contributi di ogni lavoratore vengono versati all’ente previdenziale di appartenenza e ogni anno si sommano progressivamente. Il totale dei contributi versati vengono annualmente “rivalutati” e costituiranno, alla fine della carriera di ogni lavoratore, il cosiddetto Montante Contributivo Individuale, sulla base del quale verrà poi liquidata la pensione.
Ovviamente più alto sarà il Montante Contributivo Individuale e più alta sarà la pensione che verrà assegnata al lavoratore. Un ottimo sistema per ridurre le pensioni è quindi fare in modo che questo Montante resti il più basso possibile, ad esempio operando sul sistema con cui vengono “rivalutati” i contributi dei lavoratori.
Attualmente tali contributi sono adeguati, secondo la previsione dell’art,1 comma 9 della Legge 335 del 1995, altrimenti nota come Legge TruffalDini, ad un tasso annuo di capitalizzazione che è dato dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (PIL) nominale, con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare.
Così nel 2010 si è rivalutato di circa l’1,8 per cento i Montanti Contributivi Individuali esistenti al 31 dicembre 2009, in presenza di un tasso di inflazione che ha fatto segnare l’1,6 per cento.
Nel 2011 siamo invece di fronte ad un avvenimento che non era mai accaduto da quando nel 1995 la riforma è diventata legge. Il 2011 sarà infatti il primo anno in cui i contributi dei lavoratori verranno adeguati ad un tasso inferiore a quello dell’inflazione. A fronte di una rivalutazione che si aggira sul 2 per cento circa l’inflazione acquisita per l’anno in corso è già al 2,7 e si potrebbe chiudere l’anno ben oltre il 3 per cento.
Questo costituisce una perdita secca sul totale del Montante Contributivo che si ripercuoterà pari pari in una perdita secca sull’importo delle future pensioni.
Ed i lavoratori subiscono questo danno in maniera del tutto incolpevole, non perché abbiano investito i propri contributi pensionistici in avventurosi fondi esotici o in azioni ed obbligazioni privi di rating; i lavoratori italiani subiscono il danno derivante dall’esistenza di una strambissima previsione legislativa.
Con il Btp che rende oltre il 6 per cento i lavoratori, che sono gli unici finanziatori obbligati dello Stato, vedono ridursi il valore reale dei propri contributi.
Una beffa.
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