Perché la Repubblica Ellenica ha deciso proprio di fare così e rimborserà secondo scadenze decise autonomamente, ovvero quando le farà comodo, una quota dell’importo complessivo del proprio debito. Nulla di nuovo sotto il sole per carità se non fosse che la patria della democrazia si è anche dilettata a burlarsi degli investitori, o almeno della parte debole degli investitori, i piccoli investitori, i cosiddetti retail.
I titoli greci erano infatti in mano, in buona sostanza, a tre categorie di investitori, le istituzioni pubbliche, le istituzioni private ed i clienti retail.
Le istituzioni pubbliche, come la BCE, sono state tenute esenti da perdite grazie ad un trucco contabile degno della cricca di compari che fa il gioco delle tre carte in certe aree di servizio delle nostre autostrade, le istituzioni private, ovvero le banche, hanno avuto anche come compensazione per il fatto di detenere una parte del debito pubblico greco, debito che complessivamente si attestava sui 350 miliardi di euro, finanziamenti a tassi dell’1 per cento per un importo superiore a 1.000 miliardi di euro; mentre i piccoli risparmiatori si troveranno in portafogli, per ogni mille euro di bond greci acquistati: un bond del valore di 75 euro emesso dall’EFSF, lo European Financial Stability Facility o Fondo europeo di stabilità finanziaria o più semplificemente Fondo salva-stati con scadenza 2013; un bond del valore di 75 euro emesso dall’EFSF con scadenza 2014; un bond emesso sempre dall’EFSF con scadenza a sei mesi e con importo pari al rateo di interesse maturato fino al 24 Febbraio 2012.
Un Warrant, titolo che ha un rimborso alla scadenza pari a zero ma potrebbe far maturare al possessore una certa percentuale di interesse ogni anno laddove il PIL della Repubblica Ellenica raggiungesse dei risultati specificati nel foglio informativo.
Dulcis in fundo la Grecia concede anche un bel pacco di obbligazioni da se stessa emesse e garantite, 20 minibond ciascuno con un anno differente di scadenza, a partire dal 2023 e ad arrivare fino al 2042 ed un valore complessivo di 315 Euro. I 20 titolini, ciascuno del valore di 15,50 euro, hanno una cedola di tipo step-up, ovvero che cresce con gli anni.
La perdita apparente sarebbe quindi di poco superiore al 50 per cento, perdita che è opportuno ricordare come sia stata generosamente riservata senza compensazioni solo agli investitori privati, ma arriva al 75 per cento in quanto i 20 minibond, subito ribattezzati con nomignoli evocativi come ‘i rotoloni di Atene’ o ‘i 20 piani di fregatura’, quotano sui mercati a poco più del 20 venti per cento del proprio valore nominale.
In sintesi la Grecia smette di pagare i propri debiti ed in cambio dà dei titoli emessi non da sé ma da una istituzione europea, finanziata dai cittadini europei, nella misura del 15 per cento del proprio debito; la medesima istituzione assicura poi il rimborso, sempre tramite titoli, di una quota degli interessi maturati dai creditori; infine la Grecia eroga dei titoli di produzione propria nella misura del 31,5 per cento del proprio debito, titoli che adesso però valgono circa un quinto, cioè poco più del 6 per cento del proprio debito.
Come si possa fare a dire che la Grecia sia stata protagonista di un salvataggio appare quindi del tutto incomprensibile mentre la procedura fallimentare di cui Atene è stata protagonista è riuscita a violare anche le più elementari norme di buon senso con un trattamento differenziato tra i creditori che ha finito per danneggiare fortemente i piccoli risparmiatori. E le reazioni in questo campo cominciano ad arrivare con i clienti retail che in vari paesi, Italia inclusa, hanno cominciato ad organizzarsi in comitati per cercare di cambiare il finale di questa storia.
Tanti piccoli Davide contro un immenso Golia istituzionale e bancario.
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