Per chi è nato dagli anni ‘60 in poi il sogno della meritata
pensione riuscirà un giorno ad avverarsi o resterà, appunto, un sogno fino
all’ultimo?
Le scuole di pensiero contrapposte sono sostanzialmente due,
da una parte molti dei connazionali più giovani che ritengono che non
arriveranno mai a percepire una qualsiasi forma di assegno pensionistico,
dall’altra parte una consistente quota di persone che ritiene che in qualche
modo i soldi per le pensioni usciranno perché i contributi sono stati versati.
Com’è del resto ovvio ambedue gli schieramenti basano il loro ragionamento su
alcuni punti condivisibili.
Pensione. Chi deve preoccuparsi di più?
Non tutti gli aspiranti pensionati devono nutrire il
medesimo timore sul proprio futuro pensionistico. Potremmo in effetti
suddividere i fattori di rischio in tre fasce. La prima fascia sono i nati fino
a circa il 1980, la cui pensione è a fortissimo rischio perché i nati dal 1960
al 1980 sono molto numerosi e si affacceranno all’età della pensione in modo
massiccio.
La seconda fascia è costituita dai nati nel periodo incluso
tra i primi anni ’80 ed il nuovo millennio. La loro pensione resta a rischio ma
lo resta soprattutto in funzione delle soluzioni che verranno adottate per
superare lo scoglio della fascia precedente, se il Paese riuscirà a superare
bene la fase precedente questa generazione potrà cominciare a vedere la ormai
celebre luce in fondo al tunnel.
La terza fascia, i nati nel XXI secolo, sono quelli che
stanno messi certamente meglio, della generazione dei nati fino al 1980 saranno
restati ancora in pochissimi a percepire una pensione quando i millenials
saranno, a loro volta, pronti per la pensione e questo dovrebbe liberare molte
risorse per garantir loro un assegno dignitoso.
Perché ci si deve preoccupare tanto
Confrontiamo due serie di numeri, da un lato i nati negli
anni dal 49 ad oggi e dall’altro il numero dei pensionati post-Fornero. Le due
serie di numeri hanno un legame strettissimo in quanto, a regime, le norme
pensionistiche porteranno in pensione un numero simile a quello dei nati 67
anni prima ed ancora viventi.
E’ opportuno ricordare che oggi si matura il diritto alla
pensione di vecchiaia, per i dipendenti, al compimento dei 65 anni e 7 mesi di
età, requisito che salirà a 66 anni e 7 mesi dal 1° gennaio 2018 mentre il
diritto alla pensione anticipata, già nota come pensione di anzianità, si
matura al compimento di 42 anni e 10 mesi di servizio. Entrambi i requisiti
saranno, dal 2019, soggetti ad eventuale revisione in base all’andamento
dell’aspettativa di vita.
E’ da sottolineare come l’avvicinamento tra il numero dei
pensionati ed il numero dei nati 67 anni prima ed ancora viventi si raggiungerà
solo quando le norme pensionistiche andranno a regime, a quel punto infatti il
numero di persone che riuscirà ad ottenere un pensionamento anticipato in un
certo anno sarà simile a quello dei nati 67 anni prima che hanno già maturato
il diritto a pensione anticipata negli anni precedenti. Un esempio chiarirà il
punto. Nel 2031 andranno in pensione di vecchiaia, con i requisiti attuali, i
nati nel 1964 ancora viventi, ipotizziamo circa un milione di persone, meno i
nati nel ’64 che hanno già raggiunto la pensione anticipata più i nati in anni
successivi al 1964 che raggiungono la pensione anticipata nel 2031. A regime
il risultato finale sarà simile al numero dei nati nel 1964 ancora viventi nel
2031, circa un milione di persone.
Il problema deriva dalla numerosità delle classi di età che
saranno interessate al pensionamento nei prossimi anni, oggi i residenti con
età compresa tra i 40 ed i 56 anni sono quasi un milione per ogni anno di
nascita, si va infatti dagli 883mila 40enni a al milione e passa dei 52enni (un
milione e settemila circa) per poi scendere leggermente fino agli 866mila dei
56enni. In particolare in tre anni si è al di sotto dei 900mila ed in un anno,
il 1964, si è al di sopra del milione.
E' affrontabile un milione di nuovi pensionati all’anno? E
oltre un milione?
A regime quindi il numero dei nuovi pensionati arriverà
circa su queste cifre, circa 950mila nuovi pensionati annui. Un numero a dir
poco esorbitante soprattutto se lo confrontiamo con il numero di nuovi
pensionati negli ultimi anni , 626mila nel 2012, 559mila nel 2013 e 541mila nel
2014.
Ma questa marea umana è affrontabile dal nostro Paese solo
se si arriva a quel punto con i conti pubblici in eccellente forma, cosa che mi
pare al momento piuttosto lontana dall’essere. Se infatti i conti pubblici
evidenziassero un avanzo finale, cioè una differenza positiva tra il totale
delle entrate ed il totale delle spese, si potrebbe pensare di ridurlo per
affrontare un aumento temporaneo, ma di durata comunque pluriennale, dei costi
previdenziali ma con un bilancio in disavanzo questa strada non sembra
percorribile.
A ciò va aggiunto che al momento dell’arrivo a regime
potrebbe verificarsi un effetto “tappo di spumante” ovvero un accesso a
pensione di un numero superiore al numero dei nati 67 anni prima a causa del
contestuale ritardo imposto sia per le pensioni anticipate che di vecchiaia. Il
basso numero di nuovi pensionati attuale è infatti frutto del ritardo imposto
dalla Fornero a tutti ma la maturazione di una delle due forme di accesso non
sconterà chi è già potuto andare in pensione prima se non per piccoli numeri e
si supererà quindi la soglia del milione di nuovi pensionati ogni anno per
alcuni anni.
Anche questi numeri sarebbero però comunque gestibili se
l’Italia riuscisse a fare quel che avrebbe dovuto fare negli ultimi vent’anni.
Se riuscisse a far ripartire la propria economia con una
crescita sensibile del Pil, se riuscisse a creare occupazione in maniera
sostanziosa, se riuscisse a recuperare buona parte dell’evasione fiscale, se
riuscisse a tagliare la spesa pubblica improduttiva.
E quindi direi….
Pensione? Meglio lavorare per ritirarsi dal lavoro
C’è una grossa differenza tra il pensionamento ed il ritiro
dal lavoro. Con il pensionamento si smette di percepire lo stipendio e si
comincia a percepire la pensione, col ritiro dal lavoro si smette di percepire
lo stipendio, si vive per un periodo più o meno lungo dei propri risparmi e
poi, in alcuni casi eventualmente, si comincia a percepire una pensione.
A scopo precauzionale i nati dopo il 1960 dovrebbero
smettere di lavorare attendendo la pensione e cominciare a lavorare pensando al
ritiro dal lavoro, con tutto ciò che un cambiamento di prospettiva simile
implica.
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