La
Curva di Laffer è la curva che lega il totale delle entrate di un Paese alla
sua pressione fiscale.
Nella
forma più semplice, ovvero bidimensionale, nota ai più, essa prevede
l’esistenza di un introito in tasse da parte dello Stato pari a zero in caso di
pressione fiscale pari a zero e di un medesimo introito fiscale pari a zero in
caso di pressione fiscale pari al 100 per cento. Il perché di questa affermazione
è, tutto sommato, piuttosto evidente.
Se
lo Stato non opera alcuna imposizione fiscale non avrà alcun introito fiscale,
e se invece adotta una pressione fiscale pari al 100 per cento nessuno sarà
disposto a lavorare e quindi l’introito fiscale sarà comunque pari a zero.
Il
percorso di questa parabola bidimensionale è piuttosto controverso, vediamolo.
La
parabola della curva di Laffer
La
curva di Laffer, costruendola graficamente su un sistema di assi cartesiani
avente sull’asse delle X la pressione fiscale e sull’asse delle Y gli introiti
dello stato vedrebbe una crescita costante e regolare nella zona più prossima
al punto di origine.
Con
la pressione fiscale al 5 per cento gli introiti dello Stato sarebbero pari al
5 per cento della ricchezza prodotta nel Paese, con un incremento al 10 per
cento della pressione fiscale si passerebbe ad un totale degli introiti pari al
10 per cento.
All’estremo
destro troveremmo invece una pressione fiscale del 100 per cento cui
corrisponderebbe un introito da parte dello Stato pari a zero.
L’andamento
della curva tra i due estremi disegnerebbe una parabola, in quanto
all’aumentare della pressione fiscale gli introiti dello stato inizialmente
salirebbero meno dell’incremento della tassazione per poi cominciare nettamente
a scendere. Questo avverrebbe perché i cittadini deciderebbero di smetter di
lavorare per non pagare tasse.
Graficamente
vedremmo gli introiti salire fino a raggiungere un punto di massimo (che
potremmo chiamare MaxT) da quel momento in poi, all’aumentare della pressione
fiscale gli introiti si ridurrebbero fino ad arrivare a zero con una pressione
fiscale pari a cento in quanto nessuno lavorerebbe se il 100 per cento di ciò
che guadagna venisse trattenuto come tasse.
Dove
si posiziona il punto di massimo?
Aspre
discussioni si sono svolte sul posizionamento del punto di massimizzazione
degli introiti. In realtà non esiste una risposta univoca ed universale. Non
possiamo dire che il massimo degli introiti statali si otterrà al 45, al 57 o
al 67 per cento di imposizione fiscale poiché ad impattare su tale misura ci
sono variabili variegate e ben assortite. Tralasciando il livello di
effettività del controllo in campo fiscale che meriterebbe un discorso a parte,
un forte orgoglio nazionale, una diffusa sensazione di benessere sociale, un
riconoscimento evidente dei servizi offerti dallo Stato, ad esempio, potrebbero
alzare questo punto mentre una diffusa sfiducia nel Paese e nelle Istituzioni,
la percezione di una diffusa corruzione ed una bella spinta individualistica
potrebbero portare ad un suo abbassamento.
Una
serie di fattori sociali, sociologici e psicologici potrebbero quindi portare
ad ampi scostamenti del punto di MaxT.
Ma
dove si vogliono posizionare i Paesi?
Pur
mancando una misura certa del punto di MaxT è evidente che i singoli Paesi
cercheranno di posizionarsi alla sua sinistra. In presenza infatti di una curva
paraboloide il medesimo livello di introiti si otterrà sia a sinistra che a
destra del punto di massimo.
Riuscire
a decidere il proprio posizionamento in mancanza della conoscenza del punto di
riferimento, ovvero posizionarsi a sinistra di qualcosa di cui si ignora la
posizione, ha evidenti difficoltà, ma sarà comunque quello il punto cui
mireranno le politiche fiscali di ciascun Paese.
I
problemi della bidimensionalità della curva di Laffer
La
curva di Laffer trova, in realtà, una sola conferma, ovvero con pressione
fiscale pari a zero gli introiti dello stato saranno pari a zero.
Ipotizzando una pressione fiscale pari a cento gli introiti statali infatti non si azzererebbero, almeno non nel breve e medio periodo, ma impiegherebbero decenni ad azzerarsi.
Ipotizzando una pressione fiscale pari a cento gli introiti statali infatti non si azzererebbero, almeno non nel breve e medio periodo, ma impiegherebbero decenni ad azzerarsi.
Nel
breve periodo anzi gli introiti fiscali sarebbero molto vicini al 100 per cento
dei redditi prodotti in quanto pochi lascerebbero il proprio lavoro o
smetterebbero la propria attività a causa di una ipertassazione percepita come
temporanea.
Se
ad esempio il Governo annunciasse che la tassazione sarà al 100 per cento per
tutta la prossima settimana io non lascerei il mio lavoro alla Camera dei
deputati, così come non si dimetterebbero il bancario 50enne, l’addetta alle
pulizie 38enne, il cuoco 46enne. Tutti continueremmo a lavorare.
L’introito
non sarebbe però del 100 per cento perché chiunque si troverà nella possibilità
di ritardare il momento impositivo sfrutterà questa occasione, non emetterà
documentazione fiscale fino alla settimana successiva, in cui si attende un
ritorno alla normalità della tassazione.
La
creazione del punto paradosso
Cosa
avverrebbe però se l’imposizione al 100 per cento venisse poi prorogata a tempo
indefinito? Si potrebbe creare una sorta di paradosso in quanto chi abbia
sfruttato la possibilità di differire il proprio momento impositivo sarebbe
spinto ad attuarlo anche in presenza di una imposizione fiscale totale. In
molti Paesi, come in Italia, la misura della pensione è infatti parametrata
all’entità dei contributi versati e quindi emettere il documento fiscale per
una prestazione già svolta nel periodo che si immaginava temporaneo potrebbe
convenire perché aumenterà l’assegno pensionistico che si verrà a maturare in
un tempo futuro. Conviene cioè, alla fin fine, fatturare anche non incassando
alcunché perché in un domani avrò una pensione un pochino più elevata. Ciò
potrebbe portare ad introiti fiscali addirittura superiori ai redditi prodotti,
seppur per un brevissimo periodo.
E
a proposito di pensioni
E
sono proprio le pensioni ad allungare di decenni l’azzeramento delle entrate
fiscali. Le pensioni attualmente in pagamento, infatti, continuerebbero ad
essere versate ai singoli percettori ma con un importo pari a zero, ovvero per
ogni euro di pensione versata si effettuerebbe un euro di ritenuta fiscale che,
vale la pena ricordarlo, è un introito per lo stato.
Ma
attenzione, gli introiti fiscali non si azzererebbero con il decesso
dell’ultimo pensionato di oggi. Coloro i quali abbiano già maturato un diritto
a pensione, in Italia bastano cinque anni di versamenti all’Inps, si vedranno
accreditare allo scattare dell’età di pensione un assegno tassato al 100 per
cento, ovvero pari a zero, che comunque costituirà un introito fiscale per lo
Stato.
Al
momento del decesso dell’ultima persona che oggi ha maturato il diritto a
pensione, e come detto in Italia bastano cinque anni di contribuzione, e solo
allora il livello di introiti fiscali corrispondente ad una tassazione al 100
per cento sarà pari a zero.
Il
box di Laffer
La
curva di Laffer rappresenta quindi la situazione in un Paese dopo che un
determinato livello di tassazione è stato mantenuto per una settantina di anni.
Applicando la variabile tempo alla curva di Laffer e costruendo quindi il box
essa ne costituisce la faccia posteriore.
Nel
breve periodo invece, nella faccia anteriore, la forma sarà del tutto differente
in quanto presenterà una grossa rigidità, nessuno modificherà le proprie
abitudini se la tassazione al 100 per cento fosse prevista per un secondo,
un’ora o un giorno. Ovviamente si
adotterebbero tecniche elusive, quali ad esempio il ritardo della fatturazione,
cosa che potrebbe, e vorrei sottolineare potrebbe, causare un brevissimo
periodo in cui gli introiti fiscali siano superiori ai redditi prodotti.
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