E’ evidente che l’azione normativa, la produzione delle
leggi, tende a favorire, direttamente o indirettamente, determinati gruppi
sociali a scapito di altri. Un Parlamento che decida di aumentare le entrate in
una certa misura farà una precisa scelta ideologica che porterà a reperire
questi fondi in una determinata maniera. E’ infatti evidente che per i
cittadini non sarà indifferente la modalità scelta dallo Stato per incassare,
se alzerà le imposte sui redditi più elevati colpirà solo quei cittadini che
sono titolari di quei redditi, se aumenterà le imposte sul patrimonio diverso
dalla prima abitazione colpirà solo chi è titolare di più immobili e se alzerà
l’aliquota impositiva dei redditi più bassi prenderà soldi da tutti colpendo in
particolare i redditi meno elevati, e più numerosi.
Anche le scelte dello Stato in materia di spesa pubblica non
sono praticamente mai prive di una connotazione ideologica, ad esempio porre
una parte delle spese del trasporto urbano a carico della fiscalità generale
avrà una funzione redistributiva del reddito ponendo a carico di chi possiede
un reddito elevato, ed una elevata tassazione, una quota del trasporto urbano
indipendentemente dall’effettivo utilizzo e favorendo così il titolare di un
reddito basso che potrà utilizzare i bus e le linee metro pagando solo una
parte del costo effettivo.
Ma non è sempre facilissimo comprendere appieno quali sono i
risvolti più squisitamente ideologici delle norme adottate soprattutto se le
norme vengono ignorate dai cittadini, a cominciare proprio da coloro i quali
vengono danneggiati dal contenuto ideologico insito nelle norme stesse e preferito
dal legislatore.
La norma che favorisce i rentier a scapito degli affittuari
Una norma piuttosto singolare è, ad esempio, contenuta nel
cosiddetto “Sblocca Italia”, il Decreto n.133/2014 convertito in legge, la
n.164/2014.
In estrema sintesi con questa norma viene istituita una
agevolazione fiscale piuttosto consistente a favore di chi acquista un
appartamento allo scopo di affittarlo, in particolare il soggetto privato che
acquisti un appartamento che rientri come certificazione energetica nelle
classi A o B da un’impresa che lo ha costruito o ristrutturato potrà godere di
una deduzione dal reddito pari al 20% del prezzo pagato per l’acquisto
risultante dall’atto di compravendita o delle spese di costruzione, con un
limite di 300 mila euro a patto che l’immobile sia fittato a canone concordato
o convenzionato per 8 anni.
Perché questa norma?
Lo scopo principale della norma, che non a caso è inserita
nella parte titolata “Misure per il rilancio dell’edilizia”, è quello di
facilitare la vendita da parte delle aziende edili, l’invenduto sta infatti
soffocando molte realtà e si corre il rischio di veder fallire aziende ree solo
di aver investito nel proprio settore. D’altro canto, come noto a molti, è
spesso difficile per le aziende abbassare il prezzo di vendita delle nuove
costruzioni quando esiste un finanziamento in quanto l’istituto di credito potrebbe
chiedere un rientro del finanziamento stesso quando il prezzo di vendita si
discosti dal prezzo presunto di vendita che era stato finanziato. La banca cioè
che ha finanziato, ad esempio, il 30 per cento di 100 appartamenti da vendere a
300mila euro, ovvero 90mila euro ad appartamento, potrebbe chiedere il rientro di
parte del suo finanziamento se l’azienda cominciasse a vendere questi
appartamenti a 200 mila euro per tornare alla quota del 30 per cento. L’azienda
cioè dovrebbe rientrare di 30mila euro per ciascun appartamento invenduto, una
botta tremenda.
Questa norma invece facilita l’acquisto da parte dei
privati, per l’acquirente non sarà la stessa cosa acquistare una casa ‘usata’ o
nuova proprio grazie all’impatto dell’aiutino fiscale, ciò dovrebbe favorire
l’eliminazione dell’invenduto dalla pancia delle aziende.
Che impatti avrà questa norma sui piccoli proprietari?
Oltre l’impatto evidente di favorire la vendita del nuovo da
parte delle aziende ci sarà un primo effetto sul valore delle case messe sul
mercato da parte dei privati, che saranno sfavorite ed il cui prezzo dovrà, per
forza di cose, abbassarsi per continuare ad essere competitivo. Non è un
impatto da trascurare perché recenti dati Istat hanno rilevato come il prezzo
delle abitazioni rispetto al 2010, anno base dell’indice, sia passato da 100 a 83,3 per le famiglie
con una perdita del 16,7 per cento mentre fa segnare ancora un piccolo segno
più per il nuovo che è passato da 100
a 100,8. Questo andamento sarà ulteriormente favorito da
questa norma e si registrerà quindi un ulteriore deprezzamento dei piccoli
patrimoni in mano ai cittadini.
Che impatti avrà questa norma su chi una casa non la ha?
Chi non ha una casa potrà apparentemente godere di un
vantaggio, potrà infatti avere una maggiore disponibilità di alloggi in affitto
a canoni ragionevoli, ma questo vantaggio gli costerà caro. Facilitando la
vendita da parte delle aziende si impedirà la riduzione del prezzo di vendita
del nuovo e terrà l’accesso alla proprietà immobiliare al di fuori della
portata di queste famiglie. Potranno cioè trovare più agevolmente un immobile
da locare ma il prezzo di acquisto sarà però tenuto artificiosamente alto dal
fatto che una parte di quel prezzo sarà pagata dallo Stato attraverso le
deduzioni fiscali e va ricordato come questo sostanzioso aiuto sia destinato
all’acquisto per affittare tenendo esclusi chi vorrebbe acquistare per abitare.
Quali alternative sarebbero state possibili per ottenere i
medesimi scopi?
Tenendo presente che lo scopo della normativa è quello di
facilitare la vendita da parte delle aziende del loro invenduto una strada
alternativa avrebbe potuto essere quella di utilizzare i medesimi fondi per
facilitare l’accesso alla proprietà immobiliare da parte di chi non dispone
della ‘prima casa’. In buona sintesi la famiglia che non sia proprietaria di
casa ma che potrà pagare la locazione per un immobile per i prossimi 8 anni
potrebbe diventarne proprietaria con il medesimo aiuto che lo Stato ha deciso
di riservare a chi comprerà l’ennesimo appartamento per fittarlo, per fare un
esempio numerico chi potrà pagare un fitto di 750 euro mensili avrebbe potuto
divenire proprietario, a parità di spesa, pagando un mutuo che grazie alle
integrazioni statali avrebbe avuto una rata di 1.100 euro mensili. E’ il caso
di sottolinearlo, a parità di soldi tirati fuori sia dalla famiglia che dallo
Stato.
In conclusione. Arricchire i rentier coi soldi delle fasce
più deboli
La scelta ideologica sottostante alla norma è quindi quella
di favorire l’allargamento della proprietà immobiliare da parte di chi non ha
necessità abitative ma meramente speculative o di investimento grazie alle
tasse che pagano tutti i cittadini. Una scelta evidentemente condivisa dalla
stragrande maggioranza dei cittadini visto l’assordante silenzio con cui è
stata accolta.
Comunque, laddove vi fosse finora sfuggito, io non sono
d’accordo.
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