I trentenni avranno pensioni più basse ma i cinquantenni
sono maggiormente a rischio di fallimento
A causa della serie di riforme pensionistiche che si sono
succedute a ripetizione nel nostro Paese si è venuta a creare una evidente
ingiustizia che vede puniti i lavoratori più giovani. Ad essi è infatti
riservato il calcolo dell’assegno pensionistico col molto meno vantaggioso
sistema contributivo puro, in realtà tale sistema è riservato ad essi ed ai
deputati ma questa è un’altra storia.
A causa principalmente delle modalità di calcolo
dell’assegno pensionistico, cui vanno aggiunte le carriere discontinue ed i
buchi contributivi che accompagneranno questi ragazzi alla pensione, i nati dagli
anni ’80 in poi affronteranno la terza età con assegni decisamente più bassi.
La fascia di età che maggiormente a rischio potrebbe però essere quella dei
cinquantenni. Potrebbero infatti essere i nati negli anni ’60 ad avere le
sorprese più amare al momento di smettere di lavorare.
Questo deriva da una serie di eventi, alcuni certi e altri
solo probabili, che colpiranno o potrebbero colpire queste due generazioni.
Piccoli assegni ma certi contro assegni più alti ma meno
certi
I trentenni di oggi andranno in pensione con assegni molto
bassi, importi che potrebbero posizionarsi tra il 30 ed il 50 per cento della
retribuzione media degli ultimi anni di lavoro. Hanno però due fattori che
giocano molto fortemente in loro favore, il tempo e la conoscenza.
Sanno infatti, già oggi, in che condizioni andranno in
pensione tra oltre trent’anni ed hanno trent’anni per metterci una pezza.
I cinquantenni di oggi avranno invece pensioni più alte in
quanto avranno comunque una quota più o meno consistente dell’assegno calcolato
col ben più favorevole sistema retributivo. Potrebbero accedere a pensione con
assegni compresi tra il 50 e l’80 per cento della loro retribuzione degli
ultimi anni.
Forse.
E’ infatti sempre più diffuso il sentimento che il calcolo
retributivo sia un assurdo privilegio, un furto degli anziani ai danni dei
giovani. E se gli assegni già in pagamento godono di una certa blindatura è
evidente che gli assegni che verranno tra cinque, dieci o quindici anni godono
e godranno di tutele molto inferiori. Aggiungiamo che il pensionamento dei nati
negli anni sessanta avverrà su scale mai viste prime e potrebbe interessare
fino a quasi un milione di persone all’anno ed appare evidente come il rischio
del ricalcolo retroattivo della pensione col metodo contributivo sia da tenere
fortemente presente come una concreta possibilità.
Il problema è però tutto qui. Tenere presente il rischio del
ricalcolo a contributivo della pensione implica investire in maniera tale da
sopperire ad un assegno sensibilmente più basso. E per un cinquantenne ciò
implicherebbe investire una quota consistente del proprio reddito.
Significherebbe impoverirsi oggi, abbassare in maniera paradossale il proprio
tenore di vita presente sperando di sopravvivere domani. Una scelta imposta
tardivamente e dagli esiti incerti.
E quindi?
A livello individuale è sempre più necessario tenere
presente che l’assegno della pensione non è certo in nessuno dei suoi aspetti
caratterizzanti.
Non è certo il momento in cui verrà erogato, e a dirla tutta
neanche SE sarà mai erogato.
Non è certo l’importo dell’assegno, né in valore assoluto e
né in rapporto alla retribuzione.
Tenendo presente quindi che l’unica certezza è l’incertezza
si può ragionare sulla costruzione del proprio futuro.
A livello di sistema invece personalmente penso che prima o
poi si arriverà al ricalcolo a contributivo di tutte le pensioni.
E a questo punto molto meglio prima che poi.
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