E’ stato divulgato il testo di maggio 2018 delle previsioni
economiche approntate dal Direttorato Generale per gli Affari Economici e
Finanziari della Commissione Europea.
Il testo è importante in quanto contribuisce a costituire
l’ossatura su cui viene impalcato il processo decisionale delle effettive
politiche della Commissione.
Un’occhiata ai dati e un impietoso confronto
Le previsioni per il nostro Paese sono generalmente decenti.
Niente di eclatante, per carità, qualcosina si comincia a muovere, alcune
dinamiche sembrano stabilmente sotto controllo ma contestualizzare le
previsioni confrontandole impietosamente con il Paese a noi più vicino in tante
classifiche, la Grecia, lascia a bocca aperta.
Noi sembriamo muoverci con lo sprint di una chiocciola
blindata, i nostri cugini ellenici sembrano aver ritrovato la voglia di
combattere delle Termopili. Attenzione però, sia a Roma che ad Atene i numeri
non sembrano ancora essersi riversati nella vita vera, reale e soprattutto dura
dei cittadini.
Disoccupazione. Italia meglio della Grecia ma molto più
lenta
Il documento della Commissione riporta i dati annuali a
partire dal 2014. Tenendo quindi questo documento come punto di riferimento Atene
e Roma hanno visto il massimo del tasso di disoccupazione entrambe nell’anno
2014. In Italia il tasso di disoccupazione arrivò infatti al 12,7 per cento. In
Grecia ad uno stupefacente 26,5 per cento.
Nel 2017 l’Italia ha visto abbassarsi tale tasso di 1,5
punti rispetto al 2014 scendendo al 11,2 per cento. In Grecia il tasso è sceso
al 21,5 per cento, un secco meno 5 per cento.
La velocità di riassorbimento della forza lavoro attualmente
disoccupata resterebbe differente nei prossimi anni. Le previsioni danno
l’Italia al 10,6 per cento nel 2019, con un meno 0,6 per cento, e la Grecia al
18,4 per cento con un meno 3,1 per cento. L’Italia assorbirebbe cioè lo 0,3 per
cento dei suoi disoccupati ogni anno, mentre la Grecia darebbe una occupazione
ad oltre l’1,5 per cento dei suoi disoccupati ogni anno.
Rapporto deficit-PIL. La pesante eredità greca.
Per effettuare questo confronto dobbiamo introdurre un
concetto che a noi italica gente appare totalmente perduto nei meandri della
memoria. Sono infatti decenni che noi lottiamo per mantenere al di sotto della
fatidica soglia del 3% il rapporto tra il deficit, ovvero della differenza tra
tutte le entrate e tutte le uscite dello stato, ed il Prodotto Interno Lordo,
il PIL, che stima in misura piuttosto approssimativa la ricchezza di una
nazione.
Nel 2014 tale rapporto è stato al 3%, nel 2017 al 2,3 % e
per il 2019 è previsto scendere al 1,7%.
Ma attenzione la differenza tra tutte le entrate e tutte le
spese si definisce più correttamente saldo e non deficit e, sorpresa, può
essere anche positiva. Ovvero un Paese può avere più entrate che uscite e
trovarsi nella situazione detta di avanzo.
Ed è esattamente questa la situazione in cui si trova la
Repubblica Ellenica.
Dopo anni bui Atene ha fatto segnare un avanzo dello 0,6 %
nel 2016, dello 0,8 % nel 2017 ed è previsto 0,4 nel 2018 e 0,2 nel 2019.
Sempre di avanzo.
Un risultato che purtroppo potrebbe dare forza ai profeti
della ultra austerità. La reale eredità, pesantissima, della crisi greca
potrebbe infatti essere la riflessione che dopo lacrime e sangue la cura
ossessiva dell’austerità ha, in qualche dannato modo, funzionato. E quindi si
potrebbe usare di nuovo.
Crescita. L’Italia si avvierebbe a crescere la metà della
Grecia
La velocità della crescita del Pil segnala ancora il
rallentamento del nostro Paese, ed anche in questo caso il confronto con Atene
è impietoso.
Nel 2017 l’Italia è cresciuta del 1,5 % e la Grecia del 1,4.
Nel 2018 l’Italia continuerebbe a crescere dell’1,5 % e la Grecia accelererebbe
all’1,9 %. Nel 2019 l’Italia frenerebbe la propria crescita mentre la Grecia
aumenterebbe ancora il passo. 1,2 % il nostro risultato e ben il 2,3 % quello
di Atene. Un soffio dal doppio.
Rapporto debito-PIL. Italia senza via d’uscita.
Il dato in cui maggiormente si apprezza quanto sembra
destinato ad avvenire nei prossimi anni è il rapporto tra il debito pubblico ed
il Pil.
L’Italia non sembra infatti destinata a risolvere mai il suo
storico problema di debito pubblico mentre la Grecia sembrerebbe avviarsi ad un
percorso virtuoso.
In particolare tra i dati riportati nel documento della
Commissione l’Italia ha avuto un massimo del rapporto nel 2016 al 132 %, anche
per la Grecia il massimo è del 2016 ed è pari a 180,8 %.
Il percorso previsto per il nostro Paese porterebbe ad un
rapporto del 129,7% nel 2019, una differenza di appena 2,3 punti percentuali.
La Grecia andrebbe invece al 170,3 nel 2019, con una
differenza di ben 10,5 punti percentuali, una velocità di correzione davvero
notevole.
In conclusione
I dati e le previsioni dipingono quindi l’Italia ancora
avanti ma apparentemente incapace di assorbire rapidamente gli effetti della
crisi ed una Grecia ancora in una situazione nerissima ma con segnali di rapido
miglioramento.
Se le previsioni si avverassero nel giro di pochi il monito
“faremo la fine della Grecia” potrebbe trasformarsi in un augurio.
Per il Gruppo Sirtaki
Per il ristretto gruppo di valorosi che hanno investito nei
titoli di stato greci negli scorsi anni e che hanno oggi plusvalenze mostruose
potrebbe essere davvero giunto il momento di godersi le ultime corse folli dei
bond per poi cominciare a spostarsi sull’azionario. La previsione di un prezzo
dell’ETF che replica le azioni di Atene a valori tra i due ed i tre euro entro
fine anno, oggi quota1,02, potrebbe essere da confermare. Ci potrà essere
qualche ritardo ma quel livello sembrerebbe a portata di mano.
Per chi invece sta valutando ora la possibilità di entrare
sul mercato greco adesso, a parte la evidente domanda relativa al dove siete stati
negli ultimi cinque anni mentre ad Atene si macinavano rendimenti a quattro
cifre, ripetiamo la consueta raccomandazione. Il mercato azionario in generale
e quello greco in particolare sono estremamente pericolosi. Un investimento
azionario va sempre valutato con cautela. Per la Grecia la massima cautela va
applicata anche in merito al mercato obbligazionario. Titoli che sono arrivati
a rendere oltre il mille per cento posso abbagliare ma restano e resteranno nei
prossimi anni pericolosi.
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