venerdì 6 marzo 2015

Le ideologie nascoste dietro alle scelte politiche

E’ evidente che l’azione normativa, la produzione delle leggi, tende a favorire, direttamente o indirettamente, determinati gruppi sociali a scapito di altri. Un Parlamento che decida di aumentare le entrate in una certa misura farà una precisa scelta ideologica che porterà a reperire questi fondi in una determinata maniera. E’ infatti evidente che per i cittadini non sarà indifferente la modalità scelta dallo Stato per incassare, se alzerà le imposte sui redditi più elevati colpirà solo quei cittadini che sono titolari di quei redditi, se aumenterà le imposte sul patrimonio diverso dalla prima abitazione colpirà solo chi è titolare di più immobili e se alzerà l’aliquota impositiva dei redditi più bassi prenderà soldi da tutti colpendo in particolare i redditi meno elevati, e più numerosi.
Anche le scelte dello Stato in materia di spesa pubblica non sono praticamente mai prive di una connotazione ideologica, ad esempio porre una parte delle spese del trasporto urbano a carico della fiscalità generale avrà una funzione redistributiva del reddito ponendo a carico di chi possiede un reddito elevato, ed una elevata tassazione, una quota del trasporto urbano indipendentemente dall’effettivo utilizzo e favorendo così il titolare di un reddito basso che potrà utilizzare i bus e le linee metro pagando solo una parte del costo effettivo.
Ma non è sempre facilissimo comprendere appieno quali sono i risvolti più squisitamente ideologici delle norme adottate soprattutto se le norme vengono ignorate dai cittadini, a cominciare proprio da coloro i quali vengono danneggiati dal contenuto ideologico insito nelle norme stesse e preferito dal legislatore.

La norma che favorisce i rentier a scapito degli affittuari
Una norma piuttosto singolare è, ad esempio, contenuta nel cosiddetto “Sblocca Italia”, il Decreto n.133/2014 convertito in legge, la n.164/2014.
In estrema sintesi con questa norma viene istituita una agevolazione fiscale piuttosto consistente a favore di chi acquista un appartamento allo scopo di affittarlo, in particolare il soggetto privato che acquisti un appartamento che rientri come certificazione energetica nelle classi A o B da un’impresa che lo ha costruito o ristrutturato potrà godere di una deduzione dal reddito pari al 20% del prezzo pagato per l’acquisto risultante dall’atto di compravendita o delle spese di costruzione, con un limite di 300 mila euro a patto che l’immobile sia fittato a canone concordato o convenzionato per 8 anni.

Perché questa norma?


Lo scopo principale della norma, che non a caso è inserita nella parte titolata “Misure per il rilancio dell’edilizia”, è quello di facilitare la vendita da parte delle aziende edili, l’invenduto sta infatti soffocando molte realtà e si corre il rischio di veder fallire aziende ree solo di aver investito nel proprio settore. D’altro canto, come noto a molti, è spesso difficile per le aziende abbassare il prezzo di vendita delle nuove costruzioni quando esiste un finanziamento in quanto l’istituto di credito potrebbe chiedere un rientro del finanziamento stesso quando il prezzo di vendita si discosti dal prezzo presunto di vendita che era stato finanziato. La banca cioè che ha finanziato, ad esempio, il 30 per cento di 100 appartamenti da vendere a 300mila euro, ovvero 90mila euro ad appartamento, potrebbe chiedere il rientro di parte del suo finanziamento se l’azienda cominciasse a vendere questi appartamenti a 200 mila euro per tornare alla quota del 30 per cento. L’azienda cioè dovrebbe rientrare di 30mila euro per ciascun appartamento invenduto, una botta tremenda.
Questa norma invece facilita l’acquisto da parte dei privati, per l’acquirente non sarà la stessa cosa acquistare una casa ‘usata’ o nuova proprio grazie all’impatto dell’aiutino fiscale, ciò dovrebbe favorire l’eliminazione dell’invenduto dalla pancia delle aziende.

Che impatti avrà questa norma sui piccoli proprietari?
Oltre l’impatto evidente di favorire la vendita del nuovo da parte delle aziende ci sarà un primo effetto sul valore delle case messe sul mercato da parte dei privati, che saranno sfavorite ed il cui prezzo dovrà, per forza di cose, abbassarsi per continuare ad essere competitivo. Non è un impatto da trascurare perché recenti dati Istat hanno rilevato come il prezzo delle abitazioni rispetto al 2010, anno base dell’indice, sia passato da 100 a 83,3 per le famiglie con una perdita del 16,7 per cento mentre fa segnare ancora un piccolo segno più per il nuovo che è passato da 100 a 100,8. Questo andamento sarà ulteriormente favorito da questa norma e si registrerà quindi un ulteriore deprezzamento dei piccoli patrimoni in mano ai cittadini.

Che impatti avrà questa norma su chi una casa non la ha?
Chi non ha una casa potrà apparentemente godere di un vantaggio, potrà infatti avere una maggiore disponibilità di alloggi in affitto a canoni ragionevoli, ma questo vantaggio gli costerà caro. Facilitando la vendita da parte delle aziende si impedirà la riduzione del prezzo di vendita del nuovo e terrà l’accesso alla proprietà immobiliare al di fuori della portata di queste famiglie. Potranno cioè trovare più agevolmente un immobile da locare ma il prezzo di acquisto sarà però tenuto artificiosamente alto dal fatto che una parte di quel prezzo sarà pagata dallo Stato attraverso le deduzioni fiscali e va ricordato come questo sostanzioso aiuto sia destinato all’acquisto per affittare tenendo esclusi chi vorrebbe acquistare per abitare.

Quali alternative sarebbero state possibili per ottenere i medesimi scopi?
Tenendo presente che lo scopo della normativa è quello di facilitare la vendita da parte delle aziende del loro invenduto una strada alternativa avrebbe potuto essere quella di utilizzare i medesimi fondi per facilitare l’accesso alla proprietà immobiliare da parte di chi non dispone della ‘prima casa’. In buona sintesi la famiglia che non sia proprietaria di casa ma che potrà pagare la locazione per un immobile per i prossimi 8 anni potrebbe diventarne proprietaria con il medesimo aiuto che lo Stato ha deciso di riservare a chi comprerà l’ennesimo appartamento per fittarlo, per fare un esempio numerico chi potrà pagare un fitto di 750 euro mensili avrebbe potuto divenire proprietario, a parità di spesa, pagando un mutuo che grazie alle integrazioni statali avrebbe avuto una rata di 1.100 euro mensili. E’ il caso di sottolinearlo, a parità di soldi tirati fuori sia dalla famiglia che dallo Stato.

In conclusione. Arricchire i rentier coi soldi delle fasce più deboli
La scelta ideologica sottostante alla norma è quindi quella di favorire l’allargamento della proprietà immobiliare da parte di chi non ha necessità abitative ma meramente speculative o di investimento grazie alle tasse che pagano tutti i cittadini. Una scelta evidentemente condivisa dalla stragrande maggioranza dei cittadini visto l’assordante silenzio con cui è stata accolta.
Comunque, laddove vi fosse finora sfuggito, io non sono d’accordo.


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