giovedì 5 luglio 2018

Dalla curva di Laffer al box di Laffer. La tridimensionalizzazione della Curva di Laffer mediante l’applicazione della variabile tempo


La Curva di Laffer è la curva che lega il totale delle entrate di un Paese alla sua pressione fiscale.
Nella forma più semplice, ovvero bidimensionale, nota ai più, essa prevede l’esistenza di un introito in tasse da parte dello Stato pari a zero in caso di pressione fiscale pari a zero e di un medesimo introito fiscale pari a zero in caso di pressione fiscale pari al 100 per cento. Il perché di questa affermazione è, tutto sommato, piuttosto evidente.
Se lo Stato non opera alcuna imposizione fiscale non avrà alcun introito fiscale, e se invece adotta una pressione fiscale pari al 100 per cento nessuno sarà disposto a lavorare e quindi l’introito fiscale sarà comunque pari a zero.
Il percorso di questa parabola bidimensionale è piuttosto controverso, vediamolo.




La parabola della curva di Laffer

La curva di Laffer, costruendola graficamente su un sistema di assi cartesiani avente sull’asse delle X la pressione fiscale e sull’asse delle Y gli introiti dello stato vedrebbe una crescita costante e regolare nella zona più prossima al punto di origine.
Con la pressione fiscale al 5 per cento gli introiti dello Stato sarebbero pari al 5 per cento della ricchezza prodotta nel Paese, con un incremento al 10 per cento della pressione fiscale si passerebbe ad un totale degli introiti pari al 10 per cento.
All’estremo destro troveremmo invece una pressione fiscale del 100 per cento cui corrisponderebbe un introito da parte dello Stato pari a zero.
L’andamento della curva tra i due estremi disegnerebbe una parabola, in quanto all’aumentare della pressione fiscale gli introiti dello stato inizialmente salirebbero meno dell’incremento della tassazione per poi cominciare nettamente a scendere. Questo avverrebbe perché i cittadini deciderebbero di smetter di lavorare per non pagare tasse.
Graficamente vedremmo gli introiti salire fino a raggiungere un punto di massimo (che potremmo chiamare MaxT) da quel momento in poi, all’aumentare della pressione fiscale gli introiti si ridurrebbero fino ad arrivare a zero con una pressione fiscale pari a cento in quanto nessuno lavorerebbe se il 100 per cento di ciò che guadagna venisse trattenuto come tasse.


Dove si posiziona il punto di massimo?
Aspre discussioni si sono svolte sul posizionamento del punto di massimizzazione degli introiti. In realtà non esiste una risposta univoca ed universale. Non possiamo dire che il massimo degli introiti statali si otterrà al 45, al 57 o al 67 per cento di imposizione fiscale poiché ad impattare su tale misura ci sono variabili variegate e ben assortite. Tralasciando il livello di effettività del controllo in campo fiscale che meriterebbe un discorso a parte, un forte orgoglio nazionale, una diffusa sensazione di benessere sociale, un riconoscimento evidente dei servizi offerti dallo Stato, ad esempio, potrebbero alzare questo punto mentre una diffusa sfiducia nel Paese e nelle Istituzioni, la percezione di una diffusa corruzione ed una bella spinta individualistica potrebbero portare ad un suo abbassamento.
Una serie di fattori sociali, sociologici e psicologici potrebbero quindi portare ad ampi scostamenti del punto di MaxT.

Ma dove si vogliono posizionare i Paesi?
Pur mancando una misura certa del punto di MaxT è evidente che i singoli Paesi cercheranno di posizionarsi alla sua sinistra. In presenza infatti di una curva paraboloide il medesimo livello di introiti si otterrà sia a sinistra che a destra del punto di massimo.
Riuscire a decidere il proprio posizionamento in mancanza della conoscenza del punto di riferimento, ovvero posizionarsi a sinistra di qualcosa di cui si ignora la posizione, ha evidenti difficoltà, ma sarà comunque quello il punto cui mireranno le politiche fiscali di ciascun Paese.
I problemi della bidimensionalità della curva di Laffer 
La curva di Laffer trova, in realtà, una sola conferma, ovvero con pressione fiscale pari a zero gli introiti dello stato saranno pari a zero.
Ipotizzando una pressione fiscale pari a cento gli introiti statali infatti non si azzererebbero, almeno non nel breve e medio periodo, ma impiegherebbero decenni ad azzerarsi.
Nel breve periodo anzi gli introiti fiscali sarebbero molto vicini al 100 per cento dei redditi prodotti in quanto pochi lascerebbero il proprio lavoro o smetterebbero la propria attività a causa di una ipertassazione percepita come temporanea.
Se ad esempio il Governo annunciasse che la tassazione sarà al 100 per cento per tutta la prossima settimana io non lascerei il mio lavoro alla Camera dei deputati, così come non si dimetterebbero il bancario 50enne, l’addetta alle pulizie 38enne, il cuoco 46enne. Tutti continueremmo a lavorare.
L’introito non sarebbe però del 100 per cento perché chiunque si troverà nella possibilità di ritardare il momento impositivo sfrutterà questa occasione, non emetterà documentazione fiscale fino alla settimana successiva, in cui si attende un ritorno alla normalità della tassazione.

La creazione del punto paradosso
Cosa avverrebbe però se l’imposizione al 100 per cento venisse poi prorogata a tempo indefinito? Si potrebbe creare una sorta di paradosso in quanto chi abbia sfruttato la possibilità di differire il proprio momento impositivo sarebbe spinto ad attuarlo anche in presenza di una imposizione fiscale totale. In molti Paesi, come in Italia, la misura della pensione è infatti parametrata all’entità dei contributi versati e quindi emettere il documento fiscale per una prestazione già svolta nel periodo che si immaginava temporaneo potrebbe convenire perché aumenterà l’assegno pensionistico che si verrà a maturare in un tempo futuro. Conviene cioè, alla fin fine, fatturare anche non incassando alcunché perché in un domani avrò una pensione un pochino più elevata. Ciò potrebbe portare ad introiti fiscali addirittura superiori ai redditi prodotti, seppur per un brevissimo periodo.

E a proposito di pensioni
E sono proprio le pensioni ad allungare di decenni l’azzeramento delle entrate fiscali. Le pensioni attualmente in pagamento, infatti, continuerebbero ad essere versate ai singoli percettori ma con un importo pari a zero, ovvero per ogni euro di pensione versata si effettuerebbe un euro di ritenuta fiscale che, vale la pena ricordarlo, è un introito per lo stato.
Ma attenzione, gli introiti fiscali non si azzererebbero con il decesso dell’ultimo pensionato di oggi. Coloro i quali abbiano già maturato un diritto a pensione, in Italia bastano cinque anni di versamenti all’Inps, si vedranno accreditare allo scattare dell’età di pensione un assegno tassato al 100 per cento, ovvero pari a zero, che comunque costituirà un introito fiscale per lo Stato.
Al momento del decesso dell’ultima persona che oggi ha maturato il diritto a pensione, e come detto in Italia bastano cinque anni di contribuzione, e solo allora il livello di introiti fiscali corrispondente ad una tassazione al 100 per cento sarà pari a zero.

Il box di Laffer
La curva di Laffer rappresenta quindi la situazione in un Paese dopo che un determinato livello di tassazione è stato mantenuto per una settantina di anni. Applicando la variabile tempo alla curva di Laffer e costruendo quindi il box essa ne costituisce la faccia posteriore.
Nel breve periodo invece, nella faccia anteriore, la forma sarà del tutto differente in quanto presenterà una grossa rigidità, nessuno modificherà le proprie abitudini se la tassazione al 100 per cento fosse prevista per un secondo, un’ora o un  giorno. Ovviamente si adotterebbero tecniche elusive, quali ad esempio il ritardo della fatturazione, cosa che potrebbe, e vorrei sottolineare potrebbe, causare un brevissimo periodo in cui gli introiti fiscali siano superiori ai redditi prodotti.



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