martedì 4 ottobre 2011

Crisi. Quanto ci costa risparmiare sugli aiuti

Torna alla ribalta il dossier Grecia e trascina nell’inferno della crisi anche la Dexia, grossa banca franco-belga-lussemburghese. Il braccio di ferro tra la trimurti, la troika dei tecnici di Commissione europea, Bce e Fondo monetario internazionale, che continua a fare richieste sempre più pressanti ed il premier greco George Papandreou si sta facendo sempre più serrato. Dopo l’annuncio dello scorso week end da parte di Atene, che ha avvertito che a causa della gravità della recessione economica non sarà in grado di centrare pienamente gli obiettivi di risanamento dei conti su 2011 e 2012, e visto che le misure già adottate dalla Grecia stanno avendo un tale effetto depressivo sull’economia ellenica da contribuire in misura molto inferiore al risanamento di quanto qualcuno s’attendesse, oggi il governo greco ha annunciato che non accederà alle richieste della troika, che ha chiesto di rivedere i contratti collettivi nazionali nel settore privato, in particolare per abolire i livelli di salario minimi. Sulla questione il premier avrebbe dichiarato che si rifiuta di trasformare il suo paese nell’India d’Europa.
Tale riduzione dei diritti dei lavoratori avrebbe come contropartita l’erogazione della ulteriore tranche di finanziamento da 8 miliardi di euro, senza la quale il paese avrebbe fondi per onorare i propri impegni, pensioni e stipendi, fino alla metà di novembre.
Ma sul ritardo nella emissione degli aiuti, la posizione dura della troika deprime i mercati finanziari che temono di veder lievitare i costi per le banche nel salvataggio della Grecia.
La prima a farne le spese oggi è la Dexia che chiude la giornata borsistica con un meno 22% che fa seguito al meno 10 di ieri, mentre le borse europee in generale perdono oltre 160 miliardi di euro.
E mentre il presidente della Bce Jean-Claude Trichet nel suo intervento al Parlamento Ue dichiara che l’Europa è l’epicentro della crisi e per questo è necessario restare lucidi il numero della Fed, Ben Bernanke sottolinea come “L'esposizione diretta delle banche statunitensi verso la Grecia e' minima. Ma un default non organizzato di questo Paese potrebbe scatenare il panico sul mercato dei titoli pubblici, provocare il cedimento di altri Paesi e nuove tensioni sulle banche europee, creando una instabilita' sui mercati finanziari mondiali che avrebbe effetti considerevoli” anche sull’economia statunitense.
 Dalle nostre parti intanto il nostro Ministro Tremonti fa una dichiarazione con cui concordo in toto, spiegando che la Spagna al momento paga uno spread inferiore in quanto "Il caso della Spagna dipende anche dall'annuncio di nuove elezioni che di per se' e' una prospettiva di cambiamento e quindi un'apertura al futuro".
Una presa di coscienza che un nuovo governo ed una nuova maggioranza potrebbero trovare la forza per salvare il Paese?


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