mercoledì 15 novembre 2017

I cinquantenni di oggi, i trentenni di oggi e le loro pensioni.

I trentenni avranno pensioni più basse ma i cinquantenni sono maggiormente a rischio di fallimento

A causa della serie di riforme pensionistiche che si sono succedute a ripetizione nel nostro Paese si è venuta a creare una evidente ingiustizia che vede puniti i lavoratori più giovani. Ad essi è infatti riservato il calcolo dell’assegno pensionistico col molto meno vantaggioso sistema contributivo puro, in realtà tale sistema è riservato ad essi ed ai deputati ma questa è un’altra storia.
A causa principalmente delle modalità di calcolo dell’assegno pensionistico, cui vanno aggiunte le carriere discontinue ed i buchi contributivi che accompagneranno questi ragazzi alla pensione, i nati dagli anni ’80 in poi affronteranno la terza età con assegni decisamente più bassi. La fascia di età che maggiormente a rischio potrebbe però essere quella dei cinquantenni. Potrebbero infatti essere i nati negli anni ’60 ad avere le sorprese più amare al momento di smettere di lavorare.
Questo deriva da una serie di eventi, alcuni certi e altri solo probabili, che colpiranno o potrebbero colpire queste due generazioni.




Piccoli assegni ma certi contro assegni più alti ma meno certi
I trentenni di oggi andranno in pensione con assegni molto bassi, importi che potrebbero posizionarsi tra il 30 ed il 50 per cento della retribuzione media degli ultimi anni di lavoro. Hanno però due fattori che giocano molto fortemente in loro favore, il tempo e la conoscenza.
Sanno infatti, già oggi, in che condizioni andranno in pensione tra oltre trent’anni ed hanno trent’anni per metterci una pezza.
I cinquantenni di oggi avranno invece pensioni più alte in quanto avranno comunque una quota più o meno consistente dell’assegno calcolato col ben più favorevole sistema retributivo. Potrebbero accedere a pensione con assegni compresi tra il 50 e l’80 per cento della loro retribuzione degli ultimi anni.
Forse.
E’ infatti sempre più diffuso il sentimento che il calcolo retributivo sia un assurdo privilegio, un furto degli anziani ai danni dei giovani. E se gli assegni già in pagamento godono di una certa blindatura è evidente che gli assegni che verranno tra cinque, dieci o quindici anni godono e godranno di tutele molto inferiori. Aggiungiamo che il pensionamento dei nati negli anni sessanta avverrà su scale mai viste prime e potrebbe interessare fino a quasi un milione di persone all’anno ed appare evidente come il rischio del ricalcolo retroattivo della pensione col metodo contributivo sia da tenere fortemente presente come una concreta possibilità.
Il problema è però tutto qui. Tenere presente il rischio del ricalcolo a contributivo della pensione implica investire in maniera tale da sopperire ad un assegno sensibilmente più basso. E per un cinquantenne ciò implicherebbe investire una quota consistente del proprio reddito. Significherebbe impoverirsi oggi, abbassare in maniera paradossale il proprio tenore di vita presente sperando di sopravvivere domani. Una scelta imposta tardivamente e dagli esiti incerti.
E quindi?
A livello individuale è sempre più necessario tenere presente che l’assegno della pensione non è certo in nessuno dei suoi aspetti caratterizzanti.
Non è certo il momento in cui verrà erogato, e a dirla tutta neanche SE sarà mai erogato.
Non è certo l’importo dell’assegno, né in valore assoluto e né in rapporto alla retribuzione.
Tenendo presente quindi che l’unica certezza è l’incertezza si può ragionare sulla costruzione del proprio futuro.
A livello di sistema invece personalmente penso che prima o poi si arriverà al ricalcolo a contributivo di tutte le pensioni.
E a questo punto molto meglio prima che poi.



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